Così Pierluigi Onorato ci parlò di Berlinguer

La scomparsa di Pierluigi Onorato priva il dibattito politico di un uomo che ha saputo contribuire con rigore e coerenza alla costruzione di un rapporto fecondo tra mondo cattolico e sinistra. Magistrato, deputato e poi senatore della Repubblica del gruppo Sinistra Indipendente dal 1979 al 1992, Onorato è stato una di quelle personalità “di fede cristiana, cattolici professanti” di cui, con la loro elezione nelle liste del PCI, come scriveva Berlinguer, si intendeva “mettere in valore l’apporto che la loro umana e civile esperienza, religiosamente formata, può dare alla comune opera di rinnovamento, sottolineando nel tempo stesso la laicità della politica e dell’impegno politico”.

Proprio sul tema della laicità si incentrò, nel giugno del 2016, la conversazione che Simone Siliani ed io avemmo con lui, nella sua casa, per aggiungere un altro, importante tassello alla nostra ricerca sul segretario del Pci, destinata a trovare compimento nel volume “Berlinguer. Vita trascorsa, vita vivente”.

Ci soffermammo in particolare sul famoso carteggio che tra il 1976 e il 1977 intrattennero il vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi e il segretario stesso, esplorandone i particolari e soprattutto cercando di individuare quanto di quelle riflessioni possano essere utili ancora oggi.

Onorato non aveva dubbi in proposito: “ Berlinguer – ci disse – aveva, direi per innata attitudine culturale, una concezione integrata della laicità e della democrazia. Ridurre la laicità a pura metodologia e la democrazia a mera procedura rischia di espungere dalla storia ogni tensione assiologica, valoriale, e di abdicare a ogni funzione riformatrice della politica.

Dentro questo orizzonte il dialogo e l’interazione tra cultura cristiana e cultura socialcomunista sono ancora gravidi di futuro, poggiando sul fondamento ancora valido del nostro patto costituzionale. Il costituzionalismo moderno, infatti, ha positivizzato il modello antropologico, una idea di uomo ancora valida, piena di risorse per la politica e la democrazia. E l’ha positivizzata senza alcun riferimento a radici metafisiche o religiose, ma inglobandone il senso profondo”.

E aggiunse, approdando all’attualità con estrema chiarezza: “E’ peraltro opportuno chiarire che dopo questo carteggio, lentamente, come un fiume carsico, si sono modificati i termini e le condizioni del dialogo. Da una parte, proprio come effetto di quel dialogo, molti cattolici sono entrati nel Pd a vari livelli. E non esiste un partito cattolico in quanto tale. Dall’altra, le posizioni della gerarchia ecclesiastica si sono differenziate e articolate, per effetto delle aperture pastorali di Papa Francesco, da un lato, e degli arroccamenti integralisti e delle persistenti interferenze della Cei, dall’altro. Oggi pesa il problema, che come ho detto non era ancora esploso ai tempi di Berlinguer, dei cosiddetti valori non negoziabili e della pretesa ecclesiastica di imporre anche ai non credenti l’osservanza di valori religiosi, con l’argomento che essi sono suffragati dalla ragione naturale. Una pretesa che resiste ma non ha più né fondamenti democratici né fondamenti teologici. I valori non negoziabili, in un democrazia politica costituzionale come la nostra, devono passare attraverso la mediazione politica”.

Quanto al tema della pace, a lui carissimo, Onorato riconobbe che i termini del problema sono indubbiamente mutati dall’epoca in cui Berlinguer si trovò ad operare ma non rinunciò a rilevare, citando il Manifesto dei valori del PD del 1008 ( “il ripudio della guerra va coniugato con l’attiva partecipazione dell’Italia alle responsabilità della comunità internazionale nell’assicurare un giusto ordine mondiale”) che “questa coscienza stenta a diventare progetto politico, mentre dovrebbe costituire un asse portante della strategia del Partito socialista europeo e in prospettiva di una Internazionale Socialista. Passa anche da qui il rilancio di una politica socialdemocratica che ora è alle corde”.

Si parlò a lungo del PD, della “forma partito”, della crisi del welfare e del declino anche elettorale delle socialdemocrazie, dell’esplosione del volontariato. “Ci vorrebbe – concluse – un’altra cassetta degli attrezzi di tipo marxista per combattere non il capitalismo della rivoluzione industriale ma il capitalismo finanziario”.

Susanna Cressati

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