Tomaso Montanari: Ciò che è vivo e ciò che è morto in Berlinguer”

Firenze. La prima presentazione del libro “Berlinguer. Vita trascorsa, vita vivente” è avvenuta a Firenze, alla libreria Feltrinelli Red., il 25 novembre del 2016. In quella occasione lo storico dell’arte Tomaso Montanari accettò di commentare il libro. Ecco una sintesi del suo intervento.

Tomaso Montanari

“Ciò che è vivo e ciò che è morto in Berlinguer” potrebbe essere crocianamente il titolo di questo libro. Ecco alcune riflessioni dopo la sua lettura.

Quale leader. Nella sua intervista nel libro Gianni Cuperlo afferma che forse il Berlinguer che vive di più, quello che sentiamo più vicino, “è il Berlinguer che riflette sul pensiero delle donne, sull’ambientalismo, i missili a Comiso, il movimento pacifista e naturalmente la questione morale. A noi – cioè ai giovani di allora, del partito – il messaggio arrivò forte e chiaro: occupatevi del mondo, alzate lo sguardo; c’è una dimensione della politica che non può essere ristretta a manovra tattica, né può essere confinata in un orizzonte incapace di trascendere la dimensione del governo e delle istituzioni in quanto tali”. Quella dimensione è la passione. Allora mi chiedo quale leader politico oggi, di qualunque schieramento, potrebbe essere definito così, per ampiezza di sguardo, per apertura a cose lontane dalla propria eredità?
Vittoria Franco sottolinea un’altro aspetto: “Col tempo Berlinguer divenne sempre più curioso e desideroso di capire”. Queste due cose mi sembrano straordinarie: fare politica come un viaggio di conoscenza e comprensione del reale, interrogando ciò che è distante da noi. La politica per noi è ancora questo? Chi, tra coloro che la fanno “cammina” con l’idea di comprendere?

Quale partito. Quale Partito comunista allora, quale Partito Democratico, oggi. Quale partito per la sinistra è possibile? Berlinguer, scrivono gli autori, rimprovera agli altri partiti “l’elettoralismo e la caccia al potere per il potere”. Egli concepisce il potere non come obiettivo finale ma come strumento per attuare un progetto, per cambiare il mondo. Svolge una lunga riflessione sulla necessità di evoluzione del partito e cita Machiavelli, che scrive nei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio: “Se le Repubbliche e le sette – cioè i partiti odierni, chiosa Belinguer – non si rinnovano, non durano, e il modo di rinnovarle è ricondurle verso i princìpi loro”. Il Partito Democratico, mutando, è andato verso il principio suo o è andato verso un’altra identità?
Berlinguer pensa a un partito fedele a se stesso ma capace di aprirsi, a una rivoluzione copernicana contro “una politica ridotta ai rapporti, ai giochi, alle schermaglie tra i partiti, tra maggioranza e opposizione”. Qui mi pare che gli autori vedano il segno dell’attualità di Berlinguer.

Ambiente e movimenti. Ho trovato nel libro delle cose bellissime di Berlinguer sull’ambiente, sul rapporto che c’è tra una forza politica e il movimento che sta fuori e che cerca una interlocuzione con il partito stesso. Berlinguer dice: “Questo movimento si caratterizza per la sua ampiezza, per la pluralità delle forze che lo compongono. Non si tratta soltanto di forze organizzate dai partiti, ma di forze come le chiese cristiane, di organizzazioni sindacali, di movimenti giovanili e femminili, di amplissimi strati di intellettuali, con i testa i fisici, i biologi, i medici e di tante parti della società che esprimono quei nuovi bisogni e auspicano quella nuova qualità della vita che si sta ponendo come una delle esigenze più vive nel mondo di oggi”. Oggi si direbbe i comitati ambientalisti di base, il fronte della produzione della conoscenza.
Alla fine tutto questo lo aiuta a interpretare l’austerità non soltanto come una necessità, ma come una occasione. In un discorso cita “il godimento di beni autentici quali sono la cultura, l’istruzione, la salute, un libero e sano rapporto con la natura”. Era un modo suo di capire fino in fondo l’articolo 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) cioè la parte più originale del progetto della nostra Costituzione.
Parlando con Alberto Vannucci, esperto di corruzione ed ex presidente di Libertà e giustizia, si fa riferimento a ciò che Belinguer dice nel Comitato centrale del 4 giugno 1974. E’ la questione morale il punto, per cui Berlinguer viene continuamente ricordato e anche molto spesso travisato. “Si tratta di mettere fine – cito – non solo alle ruberie ma al sistematico sacrificio degli interessi pubblici più sacrosanti”. Cioè la questione morale non è solo il fatto di qualcuno che ruba, non è solo un fatto di corruzione individuale, è il fatto che all’interesse genrale si sostituiscono interessi particolari, “privati, di parte, di corrente, di gruppi e uomini nella lotta per il potere”. E che esempi fa Berlinguer? “La salute, la difesa del paesaggio e del patrimonio artistico, l’ordinato sviluppo urbanistico, l’onesto rispetto della legge dell’equità”. Poter avere oggi il leader di un grande partito disposto a dire e a capire queste cose. Oggi le leggi del Partito Democratico come lo “Sbloccaitalia” si fanno sotto dettatura delle lobbies. Chi è capace di intendere in modo così largo la quesione morale, la salvaguardia del bene comune? Certamente non il Movimento 5 stelle.

La sinistra. Nella lettera inviata a Berlinguer nel 1976, il vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi scrive: “Tanti, soprattutto operai, immigrati, diseredati, guardano a voi come a una speranza di rinnovamento”. Nella semplicità estrema di queste parole trovo che questo sia il tema: se molte persone così guardano a un partito con speranza, quel partito è un partito di sinistra, se no no lo è. In una società, diceva il vescovo di Ivrea, “in cui essi non trovano sicurezze per il loro lavoro, i loro figli, per una sia pur minima influenza nelle decisioni che coinvolgono tutti”. La questione dell’inclusione dei cittadini nella decisione, in un momento in cui i cittadini vengono espulsi sistematicamente dalle sedi delle decisioni politiche. “Penso a quelli che hanno votato per voi e sono cristiani, e non intendono rinunciare alla loro fede religiosa, che anzi – forse nella sofferenza per la ‘disobbedienza’ alla gerarchia – pensano così di promuovere una società più giusta, più solidale, più partecipata, quindi più cristiana”. E mi chiedo: ma il dialogo fra cristiani e comunisti era più forte in questo momento o quando si è fatto un partito unico mescolandoli a freddo?

Cambiare il mondo. Questo è forse il testo più bello fra quelli di Berlinguer che ho letto in questo libro: “Talvolta – dice Berlinguer – siamo scossi e sgomenti di fronte ai giovani: ma sono figli nostri, sono figli della nostra lotta per la libertà. Noi vogliamo essere con i giovani e interpretare il senso della loro ribellione, anche quando non ne condividiamo certe forme. Lo spirito di ribellione è una premessa rivoluzionaria…”. La capacità di parlare con questo mondo, senza compiacimenti, senza demagogia, senza infingimenti. Ma la volontà vera di parlare per fare che cosa? Per cambiare “le basi della società per trasformarla in una democrazia socialista”. Domanda: esiste oggi una sinistra capace di dire con forza questo, parlando da una parte con i giovani e il loro istinto di ribellione e organizzando questa ribellione in una lotta politica che porti alla democrazia socialista?
Dice, con molta forza, Maurizio Landini, sostenendo la centralità del tema dei diritti: “Oggi assistiamo a un ritorno della politica in mano ai poteri, alle lobby, alle multinazionali…I partiti non rispondono più ai cittadini che li votano, ma a chi li sostiene”. Cioè esattamente il contrario, si parte dall’alto e non dal basso.

Leggere oggi questo libro e ripercorrere le parole di Berlinguer, il progetto di Berlinguer, di chi sapeva dire ai giovani, alle donne, ai movimenti ambientalisti: vi ascolto, e grazie a voi costruisco strumenti più acuminati per rovesciare lo stato delle cose, fare questo voglia dire costruire una sinistra possibile e dall’altra parte, in modo più ampio, che include anche chi non è di sinistra, interpretare lo spirito più autentico della Costituzione italiana.

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